Lia Sava – Procuratore generale presso la Corte di Appello di Palermo: dalla passione per la filosofia a quella per la giustizia
È stato un piacere intervistare la dottoressa Sava, una magistrata di grande esperienza e con evidente passione per il suo lavoro. Durante l’intervista – realizzata il 24 gennaio in occasione della somministrazione della prova di realtà di Educazione civica prevista per la nostra classe, la 2’ A del Liceo economico – sociale, abbiamo affrontato diverse tematiche: dall’inizio della sua carriera di magistrato nel civile sino all’impegno contro la mafia e la diffusione e gestione delle attività illecite da parte delle organizzazioni criminali mafiose radicate in Italia, un evidente e fruttuoso impegno femminile nel mondo della magistratura. Forte è stato il messaggio della dottoressa sull’importanza di insegnare la legalità a noi ragazzi.
La dottoressa Sava ci ha raccontato che la passione per il lavoro di magistrato è nata durante gli anni universitari a Bari, dove ha frequentato il Liceo classico e, successivamente, la facoltà di Giurisprudenza. Alla nostra età, quando frequentava il Liceo classico era attratta dall’italiano e dalla filosofia, che le permettevano di mettere al centro del sapere e della sua indagine, l’importanza dell’uomo. Inizialmente, la sua carriera si è orientata verso il diritto civile, ha svolto, infatti, la fase iniziale della sua carriera come giudice civile presso la Pretura di Roma. Dopo le stragi di Falcone e Borsellino, ha sentito l’esigenza di impegnarsi diversamente, e contribuire alla lotta alla mafia tanto da decidere di trasferirsi a Brindisi, dove ha svolto il ruolo di Sostituto Procuratore contro la Sacra Corona unita, per poi trasferirsi in Sicilia dove è iniziata l’impegno contro Cosa Nostra.
La dottoressa ci ha spiegato che le attività illecite diffuse in Italia e gestite dalla mafia sono molteplici: gli interessi dell’organizzazione criminale si concentrano principalmente sul commercio della droga, evidenziando ultimamente un particolare interesse verso sostanze come il crack, droga a basso costo, quindi più facilmente acquistabile anche da minori; ma anche sul traffico di armi e sugli appalti pubblici fenomeno penetrato in molte regioni italiane, oltre alla Sicilia. Contrastare la mafia può voler dire anche denunciare la mafia, non senza conseguenze; abbiamo compreso però che quando si tratta di proteggere coloro che decidono di denunciare, lo Stato può offrire protezione a vita. A questo proposito, abbiamo compreso che, ci sono due tipi di persone che possono beneficiare di questa protezione: i collaboratori di giustizia, che sono membri delle organizzazioni criminali e iniziano a raccontare ciò che succede all’interno dell’organizzazione, e i testimoni di giustizia, che possono essere vittime o spettatori delle attività mafiose. In entrambi i casi, lo Stato si impegna a proteggerli, e a garantire la loro sicurezza.
È stato molto interessante comprendere il meccanismo del calcolo, e quindi della durata della pena anche riguardo al bilanciamento tra attenuanti e aggravanti, per esempio nel caso del reato di omicidio, e della pena dell’ergastolo come massima pena; nel caso del rito abbreviato, quindi della conseguente riduzione della pena, ha sottolineato l’importanza della buona condotta che influisce sulla possibilità di poter tornare a godere di piccoli spazi di libertà, della rilevanza delle circostanze specifiche legate al crimine commesso: di tutto questo e di molto altro si è potuto discutere anche grazie alle domande elaborate da noi studenti e selezionate dai docenti, in una prima fase su un campione ampio, e successivamente su un campione più ristretto su cui abbiamo effettuato un sondaggio interno alla classe; così abbiamo potuto votare i quesiti più interessanti per noi, e individuare alcune domande di riserva.
Durante la nostra conversazione, la dottoressa Sava ci ha anche raccontato che non ha mai avuto dubbi sulla sua scelta di diventare magistrato, anche se ci sono stati momenti di paura per la sicurezza dei suoi figli, e per la vita privata in generale. Tuttavia, nonostante le difficoltà e le preoccupazioni, la dottoressa Sava non ha mai avuto ripensamenti sulla sua scelta professionale , consapevole dell’importanza del suo lavoro nella lotta contro la mafia.
In merito all’importanza di insegnare la legalità e sensibilizzare i giovani alla lotta alla mafia, la dottoressa Sava ritiene che l’esempio adulto sia il mezzo migliore: “vogliamo che i giovani si comportino in modo corretto, dobbiamo essere noi stessi un esempio di comportamento adeguato. Inoltre, la scuola svolge un ruolo fondamentale nell’educare i giovani e colmare le lacune che possono esistere all’interno delle famiglie e della società. È importante che la politica sostenga la legalità e adotti scelte che promuovano l’educazione e la consapevolezza sul fenomeno mafioso. Servono investimenti maggiori nella scuola, l’introduzione di materie specifiche e l’offerta di attività extrascolastiche come il teatro o lo sport che possono contribuire a spiegare cos’è la mafia e perché è importante contrastarla.” La mafia rappresenta “tutto ciò che limita la libertà di pensiero e azione e pagare il pizzo significa sottomettersi a essa. È importante far capire ai giovani che le mafie non offrono nulla gratuitamente”. Infine, abbiamo discusso del ruolo delle donne nel mondo della magistratura. La storia delle donne in magistratura è stata travagliata e ha richiesto tempo per ottenere una reale parità di genere. Fino agli anni ’90, alle donne non era concesso diventare magistrato nonostante il principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione italiana. La dottoressa Sava sottolinea che per una donna raggiungere il titolo di “giudice” può, ancora oggi, essere più difficile rispetto a un uomo. È importante che le donne si proteggano e che gli uomini sostengano le donne nel percorso della loro carriera, offrendo sostegno e solidarietà.
L’intervista con la dottoressa Sava ci ha fornito uno sguardo profondo sul fenomeno mafioso, e sulla passione e l’impegno necessari per diventare, ma soprattutto per essere un magistrato. La sua esperienza nel contrastare la mafia e la sua determinazione nel promuovere la legalità sono un esempio per tutti noi. La sua testimonianza ci ricorda l’importanza di combattere la criminalità organizzata e insegnare ai giovani i valori della legalità e della giustizia.
1^ A Les
Roberta Morea – sintesi dell’intervista e redazione articolo
Cristina Palasciano – lavoro fotografico
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